Digitalizzare le raccolte museali: l’inventario
Non è una novità per chi lavora in un museo. L’attribuzione di un numero identificativo univoco per le opere conservate in un museo è fondamentale. Ogni oggetto presente nelle raccolte dovrebbe avere apposto un suo numero di inventario in modo da consentire l’identificazione biunivoca tra l’oggetto stesso e le informazioni su quell’oggetto.
E’ stato così da sempre, da quando i musei sono stati organizzati. L’inventariazione delle collezioni, nella storia di ciascun museo, rappresenta un momento fondamentale per l’organizzazione stessa delle collezioni. Per moltissimi dei nostri musei l’inventariazione delle collezioni risale ad un momento ben preciso nel tempo, magari a centinaia di anni fa, quando qualcuno ha iniziato ad attribuire agli oggetti un numero progressivo (fatto anche di bis e ter) e a riportare su un registro il numero e le informazioni minime che riguardavano quell’oggetto. Cos’e, chi lo ha fatto, quando, come è arrivato in museo, etc.
Dai registri si è passati alle schede mobili. Nel nostro paese tale uso può essere fatto risalire alla fine degli anni ‘20 quando un decreto sancisce forse una prassi già consolidata o comunque dà avvio a quella che ancora oggi è la modalità di archiviazione delle informazioni sugli oggetti delle collezioni. Schede inventariali per ciascun oggetto (o per gruppi omogenei talvolta) con indicazione del numero di inventario in bella mostra e un set minimo di informazioni declinate a seconda di ciascuna istituzione.
Dall’inventario cartaceo a quello digitale
Passando da una registrazione manuale, cartacea, analogica -dove il supporto per la registrazione delle informazioni è un registro, un foglio, una scheda semirigida- ad una registrazione digitale -dove il supporto primario è un file nel quale possiamo cercare dati e informazioni e produrre poi eventualmente una stampa del nostro inventario- nulla dovrebbe mutare.
Ad ogni oggetto dovrebbe corrispondere una registrazione univoca, contrassegnata da un numero di inventario altrettanto univoco. Ma se l’organizzazione dei dati e delle informazioni su un foglio o su una scheda cartacea ci consente deroghe e spazi di manovra, all’interno di un sistema informativo non sempre questo è possibile.
Un piccolo esempio. Sulla scheda cartacea del mio museo trovo contrassegnato, là dove il modello a stampa mi chiede il numero di inventario, un numero del tipo dal inv. 209 al 267 e nella descrizione una frase sommaria che inizia verosimilmente con gruppo, serie o contiene la determinazione plurale degli oggetti. Nel momento in cui decido di registrare le informazioni su un nuovo supporto digitale, come mi comporto? Creo una registrazione per ogni oggetto dal numero 209 in avanti, ripetendo le stesse informazioni o creo un’unica registrazione? Non esiste una risposta univoca, dipende. Dipende dalla fretta che abbiamo, dal software che utilizziamo per la registrazione dei dati, dalle regole che ci siamo dati internamente o da quelle altrui che assumiamo per buone.
Prima di iniziare la digitalizzazione del nostro patrimonio dovremmo considerare almeno quattro aspetti. Come sono organizzati i dati inventariali nel mio museo? Il software che vorrei utilizzare cosa mi consente di fare e cosa no? Quali regole seguo? Quali vantaggi voglio ottenere da questo interminabile lavoro?
Analisi degli inventari e raccolta dei casi.
Un aspetto fondamentale da prendere in considerazione in occasione dell’avvio o della revisione dell’inventario digitale delle collezioni riguarda la consistenza, la forma, la storia del nostro patrimonio informativo.
Tutti gli oggetti sono stati inventariati? Come, da chi, quando? Come è registrata la corrispondenza tra l’oggetto e l’inventario? Il numero è univoco o ciascuna collezione ha una numerazione propria? Gli inventari offrono sempre le stesse informazioni? Quali informazioni posso trarre dall’inventario?
Il software che voglio utilizzare mi consente di registrare tutte le informazioni che l’inventario cartaceo riporta? Come recupero i dati che ho inserito? Come posso ordinarli? Non basta una sommaria analisi per vedere se il software dispone di tutti i campi necessari, bisogna capire come i dati sono registrati e archiviati, la natura del campo (testuale, numerico, data), le regole di compilazione richieste.
Qual’è lo scopo del lavoro? Mi serve per una gestione più efficiente delle mie collezioni? Per creare l’inventario patrimoniale del Museo? Per catalogare il patrimonio? Per poterlo pubblicare online?
La mappatura degli inventari è un processo fondamentale che ci consente di impostare la digitalizzazione con criteri che potranno essere validi lungo tutto il corso del lavoro. Iniziare la registrazione da un nucleo di oggetti descritti in un unico inventario potrebbe indurci a fissare regole che non potranno essere poi applicate a casi futuri e che ci costringeranno a rivedere il lavoro già svolto o a registrare con criteri diversi oggetti, pena il recupero e il trattamento disomogeneo delle informazioni.
Esempio di mappatura inventario museale
Altrettanto importante è analizzare bene il software a disposizione. Non solo se esiste una corrispondenza tra le informazioni che derivano dagli inventari e i campi del database, ma che tipo di campi sono? Campi data, testuali, numerici? Facciamo l’esempio di numeri di inventario preceduti da una sigla delle collezioni, la sigla può essere registrata nel campo numero di inventario? Se abbiamo un campo numerico probabilmente no, se il campo è testuale allora si, ma poi l’ordinamento sarà alfanumerico e non numerico e mi troverò una stampa dell’inventario che precede da COL 1, COL 100, COL 1000, COL 2, COL 200 e così via. Così per tutti i dati che dovremo andare ad inserire.
Dall’inventario alle schede di catalogo
Se il processo di digitalizzazione parte già come catalogazione delle raccolte, uno dei problemi che certamente ci troveremo ad affrontare è quante registrazioni fare in casi un po’ particolari.
Per l’inventariazione la prassi migliore da seguire sarebbe quella di avere una registrazione per ciascun oggetto, anche se appartenenti ad un gruppo o ad una serie, per il catalogo l’approccio è diverso.
Prendiamo ad esempio una serie di statuine cinesi molto preziose, inventariate con numeri di inventario diversi, di misure diverse, alcune esposte in tre sale del museo e due in deposito, di cui una rotta. Se seguo i principi che informano il catalogo generale del nostro ministero, questi oggetti avranno un unico numero di catalogo in quanto considerate nel loro insieme un unico bene culturale. Potrei fare un’unica scheda, trattandole come serie, andando ad indicare il numero degli oggetti che la compongono, ripetendo i numeri di inventario. E la collocazione? Inserisco in un’unica stringa le diverse collocazioni? E lo stato di conservazione? Posso scegliere un unico valore in questo campo. E se per alcune statuine posso dire che sono in buono stato di conservazione, non lo posso certo affermare per quella rotta. E per le misure? Come capisco a quale oggetto si riferiscono le diverse misure che devo indicare? Decido allora di fare una scheda per ciascun oggetto ma non posso attribuire lo stesso numero di catalogo nazionale a più schede, a meno di non creare una scheda d’insieme e creare una relazione gerarchica con le altre schede che descrivono gli oggetti singolarmente. Faccio allora una scheda d’insieme, ripeto tutti i numeri di inventario o no? E come compilo i campi comunque obbligatori? E soprattutto nell’inventario patrimoniale questa scheda comparirà anch’essa andando a sommarsi a quelle delle singole statuette?
Di casi come questi o ancora più complessi ne incontreremo tantissimi durante il nostro lavoro di catalogazione in museo. Anche in questo caso, l’analisi degli inventari ci consente di fissare dei criteri uniformi che andremo ad utilizzare nel corso del lavoro. La cosa peggiore sarebbe quella di adottare un trattamento delle informazioni diverso per casi analoghi, soprattutto in vista dei possibili output che la nostra base dati potrà restituirci.
Torniamo all’esempio di prima. Solo se il museo decide che tutte le serie devono essere trattate in quel modo sarà possibile per esempio dire ad un sistema di includere nella generazione dell’inventario patrimoniale solo le schede gerarchicamente dipendenti da una scheda insieme altrimenti sarà impossibile avere un inventario patrimoniale corretto.