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Create once publish everywhere

Un progetto innovativo, quello di coMwork: sviluppare una piattaforma che consenta ai musei di gestire le collezioni, sia fisiche che digitali, e pubblicarle sul web senza passaggi intermedi. In che modo, esattamente, ciò va ad aiutare i musei?

Con coMwork i musei hanno a disposizione uno strumento adeguato per gestire tutte le operazioni che la rivoluzione digitale impone e allo stesso tempo per trarne vantaggio: consente un notevole risparmio di tempo, non richiede competenze informatiche, è facile da usare, richiede una spesa minima alla portata di tutti i musei, anche di quelli più piccoli.
Entriamo nel dettaglio di questi aspetti.

COPE Create Once Publish Evrywhere – coMwork si basa su un modello molto semplice suggerito nel 2009 da Daniel Jacobson, oggi responsabile API e Playback a Netflix: Create Once Publish Everywhere.
Questo vuol dire offrire ai musei la possibilità di archiviare in un unico ambiente di lavoro tutte le informazioni e i dati che ogni giorno vengono prodotti nei nostri musei e che sempre più spesso nascono già digitali. Tutto può essere poi condiviso grazie alle API, senza più il bisogno di esportare dati e ricaricarli in altre applicazioni, ottimizzando le opportunità offerte dalla rivoluzione digitale con un notevole risparmio di tempo. I contenuti digitali, infatti, possono essere riutilizzati dai musei ovunque, senza costi aggiuntivi: per la pubblicazione del catalogo delle opere che viene aggiornato in tempo reale; sui propri siti web o sui social e in genere sul web a seconda delle proprie esigenze; come didascalia nel museo, stampata o veicolata da monitor e device; nei report che i musei si scambiano per il prestito delle opere o per la conservazione preventiva delle collezioni.

DATI E INFORMAZIONI – Quando parlo di dati e informazioni, mi riferisco a tutti i tipi di dati, non soltanto quelli storici: a quelli che vengono creati per la gestione delle collezioni, dati creati oggi e già archiviati in maniera digitale, dati che una volta storicizzati vanno ad incrementare il patrimonio informativo delle opere e delle collezioni. Possono anche essere archiviati i video fatti in occasione dell’inaugurazione di una mostra, o gli audio dell’intervista fatta dal direttore a una radio locale. Per le immagini, coMwork usa un framework opensource – IIIF – che consente ai musei di lavorare in altissima definizione, sia per fare confronti tra opere in fase di studio, sia per annotare direttamente sulle immagini digitali tutti gli aspetti che vengono evidenziati, ad esempio, in fase di condition report.
Le collezioni digitali sono spesso formate anche da testi digitalizzati in formato pdf, da documenti prodotti con applicativi di uso comune (Word, OpenDoc…). Questi testi sono ricercabili non solo per titolo, ma anche per singole parole contenute nel documento, rendendo possibile ricerche incrociate.
Chi lavora in un museo avverte, e avvertirà sempre di più, l’esigenza di avere uno strumento unico che consenta di archiviare in un solo ambiente i dati e gli oggetti digitali che ogni giorno vengono prodotti e archiviati attraverso software e in documenti diversi, con l’inevitabile rischio che vadano perduti. Le attività di inventariazione, catalogazione, prestiti, mostre, movimentazione, conservazione, restauri e documentazione, valutazione, insomma tutte le attività che normalmente vengono già svolte nei musei potranno essere più facilmente gestite su coMwork in un unico ambiente e contemporaneamente da più persone che si occupano di aspetti diversi all’interno del museo e addirittura da collaboratori esterni, grazie al cloud. Ad esempio, è possibile chiedere ai restauratori di inserire direttamente su coMwork dati, immagini, relazioni di restauro; si può chiedere ai fotografi di caricare le immagini direttamente nell’archivio digitale e, allo stesso tempo, è possibile condividere dalla piattaforma immagini ad alta risoluzione con le case editrici, oppure inviare con pochi click un report delle attività svolte negli ultimi sei mesi all’assessore che deve presentarlo in conferenza stampa. Ma gli esempi possono essere mille.

La vostra piattaforma è pensata per i piccoli musei, ma ben si adatta alle necessità dei grandi. Il tessuto italiano degli enti che si occupano di conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico è vasto e variegato. Quale chiave avete individuato per poter conformare il vostro sistema a un panorama così eterogeneo?

Più che di un’unica chiave di volta preferisco parlare di due pilastri che sostengono la possibilità di proporre la nostra piattaforma tanto ai musei più piccoli quanto a quelli medio grandi: il cloud e la user experience o per dirla in italiano l’esperienza d’uso.
CLOUD – Sul termine cloud esiste ancora molta confusione. Il cloud non è un altro modo di dire server o server virtuale. C’è differenza tra il cloud e un server virtuale: nel cloud, infatti, lo spazio è scalabile in base alle effettive esigenze e non servono figure di tecnici per passare da uno spazio di 20 Gigabyte ad uno di 2 Terabyte.
Oltre allo spazio di archiviazione, il cloud offre anche la possibilità di erogare un servizio software unico per tutti e questo vuol dire che coMwork offre funzionalità identiche per tutti – per il Museo della montagna di una piccola provincia Italiana così come per gli Uffizi – e la possibilità di avvalersi dello spazio cloud effettivamente utilizzato. E’ in base allo spazio cloud che cambiano le tariffe a cui è possibile acquistare coMwork, non in base alle funzionalità. Insomma, funzionalità uguali per tutti e spazio variabile e che può essere aumentato nel tempo.
Il cloud, oltre ad essere estremamente vantaggioso dal punto di vista economico, è molto sicuro. Di solito un server virtuale è la frazione di un cluster di dimensioni ridotte (talvolta si tratta della porzione di un singolo server fisico!), mentre nel cloud le risorse noleggiate fanno parte di un pool molto ampio e distribuito. Questo significa che ogni volta che il museo ha necessità di aumentare lo spazio del server, è necessario rifare i protocolli di sicurezza, mentre nel cloud vige un unico protocollo di sicurezza che non va aggiornato in caso si voglia aumentare lo spazio a propria disposizione. Nel nostro caso abbiamo scelto una delle più importanti realtà italiane, Enter, che eroga servizi cloud su una piattaforma opensource riconosciuta a livello mondiale, la piattaforma OpenStack.

USER EXPERIENCE Il secondo aspetto che rende coMwork adeguato alla gestione di collezioni variegate per risorse, dimensioni e tipologie è quello che viene definito user experience, l’esperienza d’uso che un utente fa quando lavora su un sistema.
Abbiamo posto una grande attenzione alla semplificazione, per rendere comprensibili e immediati a tutti i codici linguistici e visivi che vengono normalmente impiegati nei sistemi attuali di archiviazione. Vogliamo davvero che coMwork possa essere utilizzato da chiunque, senza bisogno di conoscenze o competenze informatiche tecniche. In molti piccoli musei, infatti, la gestione delle collezioni è affidata a figure che non possiedono tutte le competenze che si richiedono oggi a un conservatore. La possibilità che anche questi musei più piccoli usino un sistema fondato su standard di gestione dei dati internazionali sarebbe un risultato per noi formidabile. La user experience in fondo ha proprio questo obiettivo: semplificare il più possibile anche i concetti e le operazioni più complesse.

Nell’era della Cultura 4.0, realtà come la vostra rendono esplicito il legame sempre più stretto tra beni culturali e innovazione tecnologica. Oltre ad analizzare la situazione attuale, sarebbe interessante comprendere perché tale stretta relazione si sia resa necessaria. Cosa ha spinto il settore della Cultura ad avvicinarsi al digitale? E cosa ha spinto voi di coMwork a investire idee e risorse in un progetto simile?

Nei prossimi anni, la priorità per i musei italiani ed europei sarà quella di implementare e mettere in atto una strategia digitale che consenta di riutilizzare i propri contenuti per far crescere l’offerta culturale e trovare un modello sostenibile che funzioni nel contesto della società che è cambiata e che continua rapidamente a cambiare anche nei modi e nei tempi di fruire contenuti. La tecnologia, e in particolare le tecnologie digitali, sono ormai parte dell’esperienza di tutti, tutti i giorni. Il digitale, volenti o nolenti, non è più un’opzione: se i musei non raccolgono questa sfida, rischiano di non riuscire più a veicolare e tramandare quanto conservano, perdendo per strada un aspetto oggi fondamentale della propria mission.
Per evitare questo rischio, è necessario che i musei abbiano strumenti innovativi e facili da utilizzare per tutte le attività di “backstage”. Pensiamo al paradosso di molti musei che investono su applicazioni per i loro visitatori e continuano a lavorare con archivi cartacei, a duplicare immagini digitali e a stiparle nelle directory dei loro PC, a non avere soluzione per conservare e gestire la mole di dati e informazioni che ogni giorno vengono prodotti. Con coMwork vogliamo aiutare i musei a lavorare meglio, a operare quel cambiamento profondo che va ben al di là di una singola app e che riguarda l’adeguamento di tutti i musei a musei digitali, in una società dove il digitale è parte integrante del vivere quotidiano.

INNOVAZIONE E CALL FOR TESTING – Per noi fare innovazione significa non soltanto mettere sul mercato un nuovo strumento. L’innovazione sta non solo nel prodotto ma anche nel processo. Per questa ragione stiamo lavorando a un progetto di co-design per lo sviluppo di coMwork con i Musei Reali di Torino e lanciamo a tutti i musei che volessero partecipare al nostro processo d’innovazione una call per testare coMwork e contribuire a migliorarla. QUI tutte le informazioni per poter partecipare al test.
Saremo presenti a LuBeC anche con un workshop dedicato ad approfondire le caratteristiche di CoMwork nel contesto del dibattito in corso in Italia e in Europa sul museo digitale.